Whiskey Bent & Hell Bound: The Pogues, Steve Earle and Hank III forum

Ghost to a ghost / Guttertown, Recensione

« Older   Newer »
  Share  
monty
view post Posted on 20/11/2011, 13:13




GHOST TO A GHOST

Ghost to a ghost doveva essere un importante punto di (ri)partenza nella carriera dell'autore del Tennesse. Dopo l'agognato raggiungimento della data di scadenza del contratto con la Curb Records (firmato nel 96 a 24 anni e durato quindici anni) infatti sembrava potesero cadere tuti i vincoli artistici che la label imponeva al musicista e di conseguenza che la creatività di Hank potesse fluire copiosa. Queste perlomeno erano le aspettative, enfatizzate peraltro dalle dichiarazioni dello stesso Williams, dal suo entourage e dalle community di fans.

Quello che invece abbiamo di fronte è semplicemente un buon lavoro, che ha però un grosso e a questo punto paradossale limite: quello di risultare già sentito. Qualcuno potrebbe parlare di conferma di uno stile, altri di noiosa ripetitività, di certo c'è che il disco segue pedissequamente lo schema classico dei lavori di Hank sia nei generi presentati (sostanzialmente neotraditional country con qualche richiamo al southern) che nelle tematiche di riferimento (isolamento sociale, derive da alcolismo e tossicodipendenza, maschilismo esasperato, armi da fuoco e smargiassate). Non lo scopriamo oggi, questo è il DNA dell'artista. Il problema è che in passato i sopracitati elementi erano sostenuti da ottime, in qualche caso straordinarie composizioni, qui invece, e torniamo al succo del mio ragionamento, il sonwriting comincia a presentare delle crepe, l'autoreferenzialità si fa preoccupante.

Non c'è niente di sbagliato in pezzi come Gutter town, Day by day, Don't you wanna, Outlaw convention, non fosse che sembrano copie sbiadite di brani precedenti. Se in Dick in dixie, nell'epocale Straight to hell, o anche P.F.F. in Damn right rebel proud il turpiloquio era al servizio della storia, in Cunt of a bitch sembra un pò fine a se stesso, in una sorta di degenerazione, causata dall'abuso di crack, della vicenda cantata da Johnny Cash in Cocaine Blues. Anche coi lenti non ci siamo, sono lontani i brividi di Country Heroes, Not everybody likes us o Candidate for suicide: oggi The devil's movin' in e Time to die lasciano piuttosto indifferenti. Lo scat di Troopers Hollar con tanto di campionamento dei latrati dei cani è divertente ma nulla più. Se per molti ascolti il pezzo che più mi ha coinvolto è stato l'ospitata di Ray Lawrence jr, sconosciuto artista country a cui Hank ha vouto dare una chance di emergere ospitando nel disco due sue composizioni (all'interno di un'unica traccia, la numero cinque), dal tradizionalissimo ma prevedibile sound country folk, significa che l'empasse è seria.

Il pezzo che si staglia dalla media è probabilmente quello dà il titolo al disco, posto in conclusione del lavoro. Lì si torna a respirare l'aria della migliore ispirazione, magari anche per il cameo, sui secondi conclusivi, del maestro Tom Waits (per la verità nei crediti è segnalato anche Les Claypool ma io, boh, non lo sento).

qui la rece completa http://abottleofsmoke.blogspot.com/2011/10...-1-di-4_05.html


GUTTERTOWN

L'opera, suddivisa in diciannove tracce, abbraccia diversi stili e tendenze, a tutti però viene riservato un medesimo trattamento trasfigurante. La voce di Hank è spesso fuori registro, a volte distorta fino a diventare diabolica parodia da cartone animato, quando non è semplicemente sguaiata, stonata o ad alto tasso di alcool. Nel disco vagano fantasmi di quelli che una volta erano generi musicali (country, tex-mex, blues, cajun) oggi tormentati spettri alla ricerca di riposo. La follia che pervade queste incisioni fa emergere più i Residents che Waylon Jennings, i pezzi sono alternati da intermezzi composti da rumori di fondo, che vedono protagonisti grilli, cicale, fruscio di torrenti, acciotolamento di piatti, flipper, portiere di auto che sbattono e dio sa cos'altro, neanche fossero skit di un disco hip-hop, della durata però non di pochi secondi ma di diversi minuti. Alcuni di essi, nella loro allucinata struttura, risultano magnificamente ipnotici (l'opener Going to Guttertown, The dirt road, The low line) altri appesantiscono l'ascolto, ma comunque, per ragioni irrazionali, risultano funzionali al contesto.

Le canzoni più convenzionali, se così vogliamo chiamarle, hanno un mood ossessivo e sghembo, sia nelle esecuzioni più sfrenate, come nel caso delle pirotecniche Gutter stomp (dove il nostro si cimenta anche con il francese), Musha's, Dyin'day, I'll be gone che in quelle più inquetanti e malsane, come ad esempio la spettrale Chaos queen. I pezzi che si avvicinano maggiormente alla tradizione country-folk sono probabilmente quelli eseguiti in coppia con Eddie Pleasant: I promised e sopratutto Move them songs, in totale approccio Johnny Cash.
Anche in Guttertown, come per Ghost to a Ghost, c'è spazio per le ospitate di Tom Waits e Les Claypool, spazio peraltro più coerente rispetto al loro ruolo nel primo cd. Così Fadin' moon avvolge le sue spire attorno alla voce dell'artista di Swordfishtrombone e la conclusiva With the ship è un tributo allo stile demenziale (perfettamente in linea con il contesto, quindi) di Claypool e dei Primus. Ci sarebbe anche la conferma di un'altra ospitata, quella di Trooper (in Trooper's chaos) che è, beh, il cane di Hank, i cui latrati erano già stati campionati in Trooper's hollar, traccia otto del GtaG.

L'opera nel suo complesso (e nella sua complessità) è molto border-line, e anzi, il confine che demarca un prodotto ostico ma accessibile da uno che provoca rigetto è verosimilmente superato, ma a parere di chi scrive contiene anche più idee, coraggio e creatività del progetto principale. Oltre che ovviamente la conferma che l'interprete soffre di varie patologie mentali.


qui la rece completa http://abottleofsmoke.blogspot.com/2011/10...les-2-di-4.html
 
Top
0 replies since 20/11/2011, 13:13   30 views
  Share